1987, i Whitesnake al potere

1987 Whitesnake

Metti un venerdì pomeriggio freddo e nevoso, nel lontano dicembre 2005. Metti un treno Bologna – Ravenna delle 18 preso al volo. Mi siedo per il rotto della cuffia nell’ultimo seggiolino libero della carrozza di coda. L’umore non è dei migliori perché il parziale di matematica, per usare un eufemismo, non è andato molto bene.
Il ragazzo di fianco a me inserisce un cd masterizzato nel lettore e parte il riff di Still of the night.

1987. I Whitesnake del fenomenale singer David Coverdale (ex Deep Purple) calarono l’asso di briscola per accaparrarsi l’unica presa che ancora gli mancava: il mercato americano. E lo fecero con un disco di hard rock molto duro, ma altrettanto catchy.

Ritengo Still of the night una delle migliori opener di sempre e volete sapere perché? Perché ha tutto in regola, come solo i capolavori ritenuti tali: leak di chitarra orecchiabile al punto giusto, batteria potente, ugola d’oro e ritornello da stadio. Capite perché le mie orecchie in treno furono catturate?

In the still of the night
I hear the wolf howl, honey,
sniffing around your door.
In the still of the night
I feel my heart beating heavy,
Telling me I gotta have more”


Persino qualche rimando dei Led Zeppelin nella lunga sezione strumentale, per non farci mancare nulla.

Bad boys è un up tempo con la doppia cassa, novità assoluta per i Whitesnake, corroborata dal grande Tommy Aldridge negli anni a venire; Give Me all Your Love trasuda rock da ogni poro e cerca – con successo – di cavalcare le charts di tutto il mondo. Finora i due fenomeni da classifica sono il sempiterno David Coverdale, camaleontico blues e graffiante, e John Sykes, qui alla sua migliore prova di riffing e solos della carriera.

Passiamo a una ballatona strappalacrime, una delle migliori del suo genere: Is this love.
Al pari dei loro illustri colleghi Bon Jovi e Scorpions, secondo me i Whitesnake sono tra i migliori nello sfornare lenti adatti agli accendini, spogliarelli, dediche romantiche e ritornelli cromati. Ascoltare per credere…
Il bello di 1987 è che ogni pezzo è una potenziale hit; è il motivo per cui pezzi ottimi come Crying in the rain,  Straight for the heart, Don’t turn away e Children of the night passano spesso in secondo piano. Per forza: vengono ottenebrate dal resto dei cavalli di questa Ferrari bianca come il logo “serpentesco” della band.

Cosa manca alla conquista del mercato americano? Un remake, per la precisione di Here I go again, contenuta in origine nel vinile Saint and sinners.
Preceduta da un substrato di tastiere, si apre al mondo come una ballata incredibilmente catchy, ma che supera in potenza il pezzo originale.

Here I go again on my own,
going down the only road I’ve ever known.
Like a drifter, I was born to walk alone.
And I’ve made up my mind,
I ain’t wasting no more time”.

Tutto gira alla perfezione, non esiste una semibiscroma fuori posto. A riprova che, seppure di rado, i rifacimenti sono meglio degli originali.

Sceso dal treno dopo aver chiesto informazioni al mio vicino di sedile, andai quindi a recuperare subito l’album in questione e lo consumai dopo pochi giorni.
Curiosità: tra i crediti del disco figura un certo Don Airey, attuale tastierista dei Deep Purple, che prese il posto del geniale Jon Lord, in formazione del Viola Profondo, dal 2002 in avanti.
Comprendete perché 1987 è un capolavoro?


E capite perché del parziale di matematica non vi fu più traccia nella mia mente?
Il potere della musica, quella buona per davvero.



🤘Album: 1987

🤘Artista: Whitesnake

🤘Genere: Heavy rock

🤘1987, Prima stampa Usa

🤘Voto: 90/100


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